Nel contesto economico attuale il patrimonio immateriale rappresenta un bene da tutelare e mantenere segreto con il fine di ottenere un vantaggio competitivo.
Le informazioni di natura commerciale o tecnologica provenienti dall’esperienza, dagli studi, dalle prove assumono un grande valore che non sfugge a chi le detiene e si riflette nella decisione dei legislatori di promulgare leggi a favore della tutela.
Nell’ambito del progetto “Unione dell’innovazione” che si colloca nella strategia “Europa 2020” la Commissione dopo un lungo e faticoso lavoro ha promulgato la Direttiva 943/2016 in materia di protezione dei segreti commerciali tracciando delle linee guida valide per tutti i Paesi aderenti all’Unione.
Questo orientamento aiuta in primis le medie e piccole imprese dove il segreto commerciale assume una grande rilevanza avendo queste una minore disponibilità finanziaria per poter usufruire di altri mezzi di tutela della proprietà intellettuale.
Rendendo omogenea la legislazione in materia a beneficiare sono anche il commercio e la cooperazione transfrontaliera.
La Direttiva permette di fare luce sulla terminologia, ovvero “segreto commerciale”, “informazioni segrete”, “informazioni commerciali riservate” o “know-how segreto” possono essere considerate sinonimi e quindi tutte le informazioni segrete, aventi valore economico in quanto segrete e opportunamente tutelate dal proprietario rientrano nel perimetro della tutela offerta dal legislatore europeo.
E’ bene specificare che non si tratta di un diritto esclusivo, ed è questa la differenza sostanziale con gli altri diritti di proprietà intellettuale, poiché può essere ottenuto lecitamente attraverso, ad esempio, il “reverse engineering”.
Non bisogna arrivare agli anni 2000 per attribuire l’idoneo valore al segreto commerciale o know-how. Infatti le industrie e i governi già da tempo avevano compreso l’importanza dell’informazione segreta, che non è nota o poco accessibile e hanno promosso vari tentativi per proteggerla.
Al fine di comprendere tutto il percorso che ci ha portati fin qui è opportuno ricordare il primo tentativo di armonizzazione, ovvero l’Accordo TRIPs, stipulato nel 1994 a cui aderirono a suo tempo Europa, Stati Uniti, Giappone e altri Paesi industrializzati.
L’Accordo ha fallito il tentativo di armonizzazione che si era prefissato ma ha posto le basi per la tutela del segreto commerciale.
Infatti ha enunciato delle norme e dei principi a cui gli Stati partecipanti erano tenuti ad uniformare le proprie leggi nazionali. In Italia il recepimento avviene mediante l’art.6 bis della legge invenzioni e nel 2005 con gli art.98-99 del Codice dei diritti di Proprietà industriale, fornendosi quindi di un mezzo per la tutela della proprietà intellettuale.
L’industria farmaceutica è un settore che poggia le proprie basi su ricerche e prove per ottenere un prodotto innovativo che permetta la cura o il trattamento di una patologia e ottenere un miglioramento della qualità della vita del cittadino.
Dai primi studi su un composto chimico al medicinale che viene venduto in farmacia trascorrono circa 10-15 anni, anni caratterizzati da prove ed esperimenti che si rivelano spesso infruttuosi. Le stringenti norme internazionali in materia di sperimentazione clinica sono caratterizzate da fasi distinte necessarie a valutare prima la tossicità sull’animale e poi gli effetti di farmacocinetica e farmacodinamica sull’uomo.
Un medicinale che esce da un’azienda risponde a requisiti di efficacia e di affidabilità e nella valutazione del rapporto di rischio/beneficio il secondo è preponderante. Negli anni di studio il rischio dell’acquisizione illecita di informazioni commerciali riservate è un problema ben conosciuto in quest’ambito.
Dati alla mano dimostrano che il settore farmaceutico è quello che subisce maggiormente la pratica scorretta dello spionaggio da parte di un competitor.
La più che legittima necessità di proteggere le informazioni commerciali riservate dalle quali si può trarre un vantaggio competitivo si scontrano con la necessità ugualmente legittima del cittadino di conoscere i dati che hanno portato alla commercializzazione del medicinale che utilizzano. Dal 2010 l’EMA, l’Agenzia Europea dei Medicinali, aveva posto dei veti sulla diffusione dei dati provenienti da clinical trials.
Il cambio di rotta della politica adottata avviene in seguito al contenzioso tra l’EMA e un’organizzazione di ricerca, la Nordic Cochrane Centre. E’ necessario l’intervento del Mediatore Europeo che invita l’Agenzia a modificare la propria policy e a divulgare i dati richiesti dai ricercatori su due farmaci per la cura dell’obesità.
La Policy EMA si colloca nel contesto del nuovo Regolamento sulla sperimentazione clinica 536/2014 e seguono entrambi il principio della trasparenza. L’EMA e il Parlamento europeo con le loro norme sono riusciti a trovare un equilibrio tra le posizione antitetiche dei cittadini e delle aziende farmaceutiche?
Inoltre l’Unione Europea ha raggiunto l’armonizzazione giuridica a cui aspirava?